La Devozione a San Michele tra storia e leggenda


La devozione verso San Michele Arcangelo ebbe la sua origine in Oriente e, grazie alla cultura bizantina, passò nelle zone Garganiche. All’inizio - stando agli scritti dello storico greco di Siracusa Timeo - fin dal IV secolo a. C. sul monte Gargano esisteva un oracolo di nome Calcante, raffigurato come un uomo irsuto e alato, a cui ci si rivolgeva per ottenere auspici che l’indovino traeva dal fegato di un ariete immolato.


Prima Apparizione

Verso la fine del secolo V, alla figura dell’oracolo Calcante si sostituì il culto per l’Arcangelo Michele che - secondo la tradizione orale - apparve la prima volta l'8 maggio dell’anno 490, durante il pontificato di Felice III. Si narra che ad un ricco allevatore e signore del monte Gargano di nome Elvio Emanuele, mentre era intento alla sorveglianza della sua mandria, gli era scappato un toro. Dopo giorni di ricerca, il ricco mandriano trovò l’animale inspiegabilmente inginocchiato in una grotta di non facile accesso. Dal momento che il toro non si lasciava facilmente catturare, Emanuele pose mano al suo arco e scagliò in quella direzione una freccia. Ed ecco che avvenne un fatto straordinario: la freccia invertì la propria corsa e tornò indietro ferendo il mandriano. L’uomo, ovviamente, restò alquanto turbato dall’accaduto e decise di raccontare il tutto al vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano, il quale

ordinò tre giorni di penitenza. Al finire dell’ultimo giorno, l’Arcangelo Michele venne in visione al Vescovo rivolgendogli le seguenti parole:

«Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta; io stesso ne sono il vigile custode... là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini... Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Va’ perciò sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano» Il Vescovo, però, essendo la montagna sede di culto pagano, non ritenne di consacrare la grotta a San Michele Arcangelo.

 

Seconda Apparizione

Nell’anno 492 la città di Siponto era assediata dagli Eruli guidati da Odoacre ed era sul punto di capitolare. Cosicché, il Vescovo Maiorano mandò da Odoacre degli ambasciatori, ottenendo una tregua di tre giorni che la popolazione sipontina dedicò in preghiere e penitenze a San Michele. E fu allora che l’Arcangelo fece la sua apparizione promettendo il suo aiuto a patto che la città non si fosse arresa ai barbari. Il contrattacco della popolazione sipontina si rivelò un successo, dal momento che una tempesta di grandine e sabbia mise in fuga le orde barbariche di Odoacre. In segno di ringraziamento, il Vescovo ordinò una processione verso la grotta dell’Arcangelo, non facendovi, però, ingresso.


Terza Apparizione

Il 29 settembre 493, come atto di ringraziamento per la vittoria riportata sui Barbari l’anno prima, il vescovo Maiorano e un nutrito corteo di fedeli si recarono alla grotta. L’Arcangelo riapparve e comunicò che la grotta era già stata consacrata, per cui non era necessario l’intervento del Papa, come richiesto dal vescovo. Faceva un gran caldo, per cui l’Arcangelo mandò due aquile con un’apertura alare immensa che fecero da scudo per i roventi raggi del sole, mentre un’altra, muovendo le ali, donò frescura ai pellegrini stremati. Quando la folla, poi, fece ingresso alla grotta, trovò già l’altare adornato con paramenti e una croce di cristallo, nonché una pietra che riportava l’impronta del piede di San Michele Arcangelo.

 

Quarta Apparizione

Avvenne nel 1656, in concomitanza con la terribile epidemia di peste bubbonica. Un giovane montanaro, Federico Spagnoletta, colpito dal terribile morbo, si recò presso la grotta dell’Arcangelo e, prese delle schegge di pietra, le pose sui bubboni. Guarì dalla malattia. La conferma del miracolo gli venne in sogno, allorquando l’Arcangelo Michele gli comunicò l’avvenuto miracolo per via delle pietre raccolte nella caverna. La notizia si diffuse velocemente e da allora la grotta divenne meta incessante di pellegrinaggi.

 

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